Quando un ristorante conquista, magari per la prima volta, una Stella Michelin, la gente letteralmente impazzisce. Improvvisamente tutti vogliono mangiare in quel ristorante. Ebbene, questa volta la moda non c'entra nulla: prenotare un posto (non è un refuso, parliamo di posto e non di tavolo, dal momento che ce ne sono soltanto 14 tutti attorno a un bancone di legno chiaro proprio davanti ai fornelli dei cuochi) è un'esperienza obbligatoria. Se amate i matrimoni riusciti tra la migliore e più raffinata cucina giapponese e quella leggera e nobile francese, l'indirizzo giusto è quello del Ken Kawasaki (omologo del ristorante a Hiroshima in Giappone). I piatti sono originalissimi, dal tocco grafico e minimal, gli ingredienti iperstimolanti per gusto e incroci gastronomici, le suggestioni e i viaggi mentali sono al cucchiaio.
Il menu cambia una volta al mese ed è ispirato alla tradizione kaiseki (ovvero quella tecnica di cucina che consente di avvicinarci allo stile dell'haute cuisine) e gli ingredienti rigorosamente di stagione e tutti colti al mattino al mercato. Qualche sempio di piatto? Capesante marinate, gelatina di tosazu (aceto di riso affumicato) e bottarga; Cetriolo con emulsione alle mandorle; Piccione, crema all'aglio nero, cips al miele e polvere di sansho; Fois gras, ostriche, grano saraceno, barbabietola bianca e salsa al tosazu; Mousse al mandarino, liquirizia, cioccolato fondente e pepe della jamaica; Filetto di manzo, gratin, chips di jus di manzo, wasabi e sale alle alghe; Barretta alle castagne, mela verde, birlou e grano saraceno e Rana pescatrice, funghi shiitake, fumetto di pesce e olio al coriandolo. Ai fornelli troviamo il figlio del super chef Ken Kawasaki, Ryohei, mentre il pane (caldissimo e appena sfornato a pranzo e a cena) e i dolci sono a firma dell'iitalianissima Claudia Liberati, romana di soli 22 anni con già un passato top consumato tra Milano e il Four Seasons di Firenze. Basta parole, spazio ai piatti. Bisogna prenotare e assaggiare. Antidepressivo.