E’ il mercato chic di Parigi, quello che da Place d'Iéna, nel XVI arrondissement tra il Palais de Tokyo e il Palazzo della Moda, sconfina nell’VIII a due passi dal Pont de l’Alma. Tutti i mercoledì e i sabato mattina è il festival del colore e del profumo. A seconda della stagione. Formaggi (e non solo francesi, il Parmigiano Reggiano e il gorgonzola lottano alla pari coi caprini e col nazionalissimo Comtè), pesce (è un tripudio di crostacei, tutti a buon mercato, ostriche e Haddock fumé), lumache ripiene, carne - i banchi della carne sono decisamente splatter e campagnoli con lingue, cervelli, teste penzolanti e volatili di ogni tipo bruciacchiati e cotti al momento - e poi naturalmente tanta frutta e verdura, quasi tutta rigorosamente bio, con legumi e verdure in gran parte francesi e frutta, ebbene sì, italiana. Sì, perché qui si trovano anche pomodori rossi e gustosi e frutta che sa di frutta, a dispetto di chi pensa che uva, mele e pere sotto la Torre nn siano buone. Anzi. La frutta esotica d’inverno qui è favolosa, piena di zuccheri e sapori, e decisamente meno cara che in Italia.
La sfilata di banchi e banchetti è lunga quasi un chilometro e si pavoneggia tra angoli tutti da scoprire. Non ci sono soltanto patate e cipolle. C’è la signora che vende i dolcetti tipici portoghesi (i cremosissimi pastel de nata), l’omino che offre il pane cotto con farine antiche, e poi ci sono gli italiani che vendono ravioli ripieni, pasta e salumi tricolori; i libanesi che fanno sfoggio di hummus, sambousek (fagottini ripieni di carne), baba ghanoug (purè di melanzane affumicate) e tabouleh (insalata di prezzemolo, bulgur, pomodori, semi di sesamo limone e aglio) o le pite cotte al momento e ripiene di carne o formaggio. E poi ci sono i fiori, tantissimi e coloratissimi mazzi che ogni settimana cambiano scenografia, ci sono pure i venditori di cibo thai e addirittura cartocci di street food caraibico. E poi ci sono le crepes, dolci o salate, da mangiare anche seduti a tavolini spartani ma efficaci per chi si vuole riposare. Mancano i vestiti, è vero, ma non se ne sente assolutamente la mancanza. Qui del resto, si viene a fare la spesa. E a mangiare.