Il menu non parla una lingua incomprensibile: qualità, gourmandise e semplicità. E il tutto è declinato secondo i canoni della convivialità e del gusto. Siamo al Jòia, il bistrot dalle mille influenze (newyorkesi, francesi, londinesi e pure italiane, ovvio) pensato e ideato dalla super cuoca Hélène Darroze (sì, proprio il giudice biondo di Top Chef) come un salotto di casa in cui mangiare circondati da libri alle pareti, divani, poltrone, parquet, lampade, quadri e tende. Il Jòia è cozy, comodo, bello e stiloso: disposto su due piani e con due portentosi angoli cocktail a vista, gareggia per offrire piatti di alta cucina nascosti sotto un'apparente veste di semplicità.
Nel menu alla carta c'è tutto quello che deve comparire su una tavola francese: fois gras, champignon, uova, mostarda, terrine di carne e il merluzzo pescato. Ma compaiono anche piatti che profumano di Spagna, Messico, Italia, New York e Londra, dal fried chicken, mousseline al cumino al risotto allo zafferano come accompagnamento, dalla cotoletta di vitello alla “milanaise”, roquette, tomate confite e parmiggiano, fino al merluzzo pescato di Saint-Jean de Luz à l’espagnole con condimento chimichurri e un tempura de kokotxas di merluzzo e aïoli. E se siete vegetariani, nessuna paura, il cuoco è pronto a preparare qualcosa soltanto per voi. Per chi non vuole spendere un capitale, da non perdere i menu del pranzo, che cambiano di continuo e che ogni giorno offrono tre piatti al costo light e decisamente poco inclini alle mode parigine di 29 euro (che diventano 24 se ordinate soltanto due piatti). Insomma, il Jòia merita: per l'ambiente, per la genialità della cuoca e per i suoi piatti, non pesanti, tutti divertenti e con un guizzo di non banalità che non guasta. E poi, una volta usciti, siete a due passi dal quartiere giapponese, dall'Opèra e non siete lontani dal Louvre. Importante: praticamente obbligatorio prenotare.